“1367-La tela strappata”, documentario su Rai3 dedicato a Borsellino
1367. Tante furono le ore che separarono la morte di Paolo Borsellino da quella del collega e amico Giovanni Falcone.
A primo acchito, sembra un periodo lunghissimo. Eppure Borsellino, da quel 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci, in cui persero la vita Falcone, la moglie Francesca e gli uomini della scorta, sapeva di avere le ore contate, sapeva che la sua condanna a morte era già stata emessa da quei vertici mafiosi che aveva combattuto durante tutta la sua carriera, con costanza, spirito di sacrificio e perseveranza.
Addirittura, circa una settimana prima della sua morte, avvenuta esattamente vent’anni fa, il 19 luglio 1992, il giudice seppe che il tritolo per lui era arrivato a Palermo. Allora chiamò immediatamente il suo confessore, perché, diceva lui, bisogna tenersi sempre pronti al “grande passo”.
E’ difficile raccontare il clima di ansiosa attesa, di terrore, quasi di apatia, in cui era scivolata Palermo, e con lei l’Italia intera, durante quelle terribili 1367 ore.
E’ questo il compito che si è posto Giancarlo Licata attraverso la realizzazione del documentario “1367- La tela strappata”, che andato in onda alle 18.00 su Rai3 e che sarà possibile vedere, in replica, su Rai Storia alle 23.15.
Il regista ha montato il documentario attraverso le immagini dei telegiornali dell’epoca, coadiuvato dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo.
Si tratta delle immagini delle stragi, delle edizioni straordinarie, dei commenti a caldo di inviati e giornalisti. Ma la tela strappata è formata anche da decine di volti di persone comuni, dagli sguardi vacui e increduli per l’orrore, ma decisi ad uscire dall’apatia in cui l’omertà mafiosa li aveva relegati, decisi a combattere per una Palermo, per una Sicilia migliore.
Il documentario mostra anche i primi segni di questo risveglio: le lenzuola ai balconi, la catena umana, l’albero di Falcone davanti alla casa del magistrato…
Non mancano le parole della politica, portavoce di uno Stato assente, di uno Stato che non aveva saputo proteggere i suoi più integerrimi funzionari ma, che anzi, secondo lo stesso Borsellino, li aveva traditi.
Si susseguono quindi i volti e le voci di Craxi, Spadolini, De Mita, Occhetto, Martelli e Scalfaro, nuovo Capo dello Stato.
Ciò che rimane di quelle settimane, congelate egregiamente nel documentario, sono solo le parole, apparse su un balcone di Palermo, che recitavano: “Voi non li avete uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe” e la voglia, insaziabile, di verità e di giustizia.
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