Ancora polemiche sul boicottaggio di Ken Loach al Tff
Si è aperto oggi il Torino Film Festival, una delle più importanti manifestazioni italiane dedicate interamente al cinema.
La visibilità dell’evento ha raggiunto, quest’anno, il massimo piccolo, soprattutto dopo la diffusione della notizia che continua a suscitare indignazioni e polemiche.
Il regista inglese Ken Loach ha infatti annunciato che non parteciperà al Festival, al quale era stato invitato quale ospite d’onore, né tantomeno ritirerà il premio a lui destinato.
La decisione dell’intellettuale inglese è stata presa non appena egli è venuto a conoscenza della circostanza che alcuni lavoratori del Museo del Cinema, pagati a 5 euro lordi l’ora, erano stati ingiustamente licenziati dalla ditta appaltatrice, la Cooperativa Rear, che fornisce la propria manodopera al Museo da oltre dodici anni.
«È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Tff e che sarei stato onorato di ricevere. […] Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili» ha spiegato Loach in un comunicato, ribadendo il proprio impegno, espresso tra l’altro in numerosi suoi lavori cinematografici, di protezione nei confronti delle classi più deboli.
Naturalmente, questo netto rifiuto ha sollevato un vero e proprio polverone.
Particolarmente lucida è stata l’analisi condotta da l’editorialista de “La Stampa” Massimo Gramellini. Il giornalista torinese apprezza i fini nobili dell’iniziativa, ma critica i «mezzi arrugginiti» che sono stati utilizzati per raggiungere lo scopo. Se Loach avesse regolarmente ritirato il premio e avesse devoluto il ricavato in favore dei lavoratori licenziati, si sarebbero evitate sterili polemiche e i dipendenti avrebbero avuto il sostegno concreto di tutto il cinema internazionale.
Alberto Barbera, presidente del Museo del Cinema, si dichiara annichilito dalla vicenda e afferma che «il Museo del Cinema ha sempre rispettato e tutelato i suoi lavoratori» e che, in ogni caso, l’istituzione è estranea alle vicende dei dipendenti della Rear.
L’assessore alla cultura Maurizio Braccialarghe ha dichiarato: «E’ una decisione che punisce un simbolo per cause indipendenti dalla volontà degli amministratori», mentre il consigliere Sel Marco Grimaldi rincara la dose: «è semplicementte come se Robert Redford non venisse al Cinema Ambiente perché dice che Torino inquina».