Mogol si schiera contro i talent
I talent fanno discutere. O li si ama o li si odia. Non esiste via di mezzo. Da Amici ad X Factor, i talent, se da un lato lasciano aperta la speranza i sogni dei giovani, dall’altro inviato una cattiva informazione: ovvero che basti andare in tv per fare carriera. Non è così. E l’ha spiegato perfettamente bene Mogol intervistato dall’Adnkronos. Appare superfluo sottolineare quanto Mogol sia contrario a questo genere televisivo di ultima generazione.
“Perché gli artisti di una volta lasciavano il segno più di quelli di oggi? Perché erano artisti a 360 gradi? Semplice: perché Morandi, come Celentano o come Battisti o Ranieri e, sul fronte opposto, come Mina o Milva o la Vanoni, erano frutto di una fortissima selezione da parte del pubblico e dei critici”
Ed aggiunge:
“Quelli di oggi sono frutto solo di una promozione particolare che deriva dagli show tv, da Amici a X Factor e che li porta direttamente a vincere il Festival di Sanremo alla loro prima apparizione. Hanno più il look giusto che la preparazione adatta. Non si agisce più sulla qualità, sul concetto della bravura e della completezza d’artista. Oramai il metro è quello del probabile profitto immediato: va avanti chi si pensa possa subito garantire un ritorno in termini di successo finanziario: dov’è la passione, dov’è il rischio professionale e artistico? Non c’è: anche i dj sono impiegati costretti a passare quello che i discografici impongono. E allora si hanno personaggi che reggono sei mesi, un anno o due al massimo e poi magari scompaiono e avanti il prossimo”.
E parlando di vera cultura e bravura, Mogol non può non citare personaggi noti che vanno da Dante a Dario Fo:
“La cultura vera, anche quelle ritenuta ‘alta’, con la C maiuscola, è sempre stata anche popolare: da Dante che anziché in latino scrive in volgare, a Shakespeare che andava in giro con il teatro ambulante, di piazza e lo stesso vale per il girovago Moliere; da Goldoni e Pirandello che scrissero in dialetto veneto e siciliano le loro commedie e, ai giorni più vicini a noi, al napoletano di Eduardo De Filippo e al grammelot di Dario Fo; allo stesso Mozart che si esibiva nelle feste popolari e private”.