Shutter Island, la spiegazione del finale

Il film di Martin Scorsese, interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio, si presta a diverse interpretazioni per quello che è stato il suo epilogo.

di Simona Vitale 28 Marzo 2013 22:42

Shutter Island non è un impenetrabile enigma: è un thriller noir che si conclude con un imponente colpo di scena. In quanto tale, si potrebbe pensare che sarebbe stato facile da capire. Ma non è stato così. Da quando il film è stato rilasciato, la blogosfera è stata inondata di dibattiti su ciò che effettivamente accade nella scena finale.

Il film di Martin Scorsese è basato sul romanzo best-seller di Dennis Lehane. Il protagonista del libro, Teddy Daniels, che è apparentemente un maresciallo degli Stati Uniti, risulta essere Andrew Laeddis, un killer completamente folle. Egli è un paziente in un ospedale psichiatrico che è stato incoraggiato dal suo psichiatra a mettere in atto la sua illusione nella speranza che ciò possa farla scomparire. Il gioco di ruolo ha esito negativo: dopo una breve ripresa, Andrew ricade nella follia e decolla quindi verso la lobotomia.

Il film è stato descritto come fedele al libro e molti spettatori sembrano dare per scontato che venga raccontata la stessa storia. Il Teddy di Leonardo Di Caprio effettivamente si rivela essere Andrew. Tuttavia, prima di cadere nelle grinfie dei lobotomizzatori, pronuncia una frase che non è presente nel libro. “Questo posto mi fa pensare” – chiede – “che cosa sarebbe peggio: vivere come un mostro o morire come un uomo buono?”

Per alcuni, ciò deve essere visto come nulla più che delle escursioni mentali di un pazzo. Altri, invece, pensano che che Andrew stia solo fingendo la sua ricaduta negli abissi della follia. Il suo inusuale trattamento medico lo mette al corrente della cosa terribile che ha fatto: il senso colpa quindi lo inghiotte e deliberatamente decide di farsi lobotomizzare per sfuggire ad esso.

Queste due versioni di ciò che il film significa non potrebbero essere più in disaccordo. Ma Scorsese non ha scelto di indicare quale sia quella giusta. Né lo ha fatto Di Caprio. Forse quest’ultimo non era sicuro nemmeno di sé stesso. Ha trovato un ruolo che ho ha traumatizzato e ha detto a un intervistatore: “Non ho idea di dove sono o di cosa stia facendo, mi ricordo di aver detto a Marty”.

Lehane è accreditato come uno dei produttori esecutivi del film, per cui si potrebbe pensare che dovrebbe sapere cosa sia successo. Purtroppo, nemmeno lui sembra del tutto certo: spiega che è rimasto fuori dal processo di scritturazione. “Personalmente, credo che si tratti di un flash momentaneo“, suggerisce. “Per me è tutto quello che è. Solo un momento di sanità mentale mescolato in mezzo a tutte le altre illusioni”.

Si dà il caso che alla fine il film è stato molto discusso da coloro che ne sono stati più direttamente coinvolti. Uno di questi era consulente psichiatrico di Scorsese, il professor James Gilligan della New York University. Durante una visita al posto in cui è stato girato gran parte del film, l’ormai abbandonato Medfield State Hospital in Massachusetts, il professore ha detto la sua.

Andrew effettivamente sceglie il suo destino. Secondo Gilligan, quelle ultime parole criptiche significano: “Mi sento troppo in colpa per continuare a vivere Non ho intenzione di suicidarmi nella realtà, ma ho intenzione di suicidarmi indirettamente consegnando me stesso a queste persone che si apprestano a lobotomizzarmi“. Gilligan dice che le persone che uccidono gli altri nel modo in cui uccidono Andrew non si rendono conto cosa stanno facendo in quel momento. Se il trattamento li facesse tornare a ragionare, il senso di colpa potrebbe sopraffarli.

Per Gilligan, la lettura corretta è importante. Shutter Island nasce nel 1950. Durante quel periodo, i disturbi mentali più gravi sono stati spesso trattati fisicamente. In America, più di 40.000 pazienti sono stati lobotomizzati nell’arco di 30 anni. Tuttavia, i progressisti stavano spingendo per la sostituzione di questi metodi con rimedi meno rovinosi. Il medico di Andrew (interpretato da Ben Kingsley) è uno di questi. Il suo esperimento è un banco di prova. Se funziona, il trattamento non invasivo sarà testato. Se fallisce, sarà rafforzato il trattamento delle lobotomie.

Una seconda occhiata al film suggerisce che la lettura di Gilligan dev’essere giusta. Nei suoi mormorii finali, Di Caprio sta chiaramente cercando di agire come se stesse agendo. Dopo aver pronunciato l’ultima frase salta su e passa volutamente in mezzo a dei lobotomizzanti in attesa. Loro non hanno bisogno di scavalcarlo. Allora perché tutto questo mistero? Perché le cose non sono state fatte più chiaramente?

Forse possiamo immaginare. Secondo Gilligan: “Martin Scorsese ha detto che questo film avrebbe incassato parecchio, ovvero il doppio dell’incasso, perché la gente avrebbe dovuto vederlo una seconda volta per capire quello che è successo la prima volta”.

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