“Venuto al mondo”: il grido di Castellitto contro la guerra

Il nuovo film di Sergio Castellitto, ambientato in Serbia, denuncia le violenze delle terribili guerre balcaniche.

di Elisa Bonaventura 17 Novembre 2012 17:34

In un periodo molto delicato per gli equilibri diplomatici internazionali, dove la guerra sembra essere uno spettro destinato a minacciare ancora la tranquillità in medioriente e, in particolare, la sempre difficile relazione tra israeliani e palestinesi…

Un nuovo film, uscito nelle sale italiane lo scorso 8 novembre, ci fa riflettere a lungo sul complesso tema della guerra.

Sergio Castellitto, infatti, ci propone il riadattamento cinematografico del romanzo della moglie Margaret Mazzantini “Venuto al mondo”, attraverso un complesso lavoro che lo vede regista e sceneggiatore, nonché attore, sebbene in un ruolo marginale.

Protagonista assoluta della scena è la bellissima Penelope Cruz, che interpreta il complesso personaggio di Gemma, dando voce ai tormenti e alle gioie di una donna in un modo delicato ed impeccabile.

Gemma è una studentessa italiana che, andata in Serbia per completare la sua tesi di laurea, incontra l’uomo destinato a diventare l’amore della sua vita: Diego, interpretato da Emile Hirsh.

La storia d’amore tra Gemma e Diego viene raccontata con franchezza e semplicità, ma si scontra con un limite insormontabile: la sterilità di lei.

Il tema della sterilità femminile è forse quello centrale dell’intera narrazione, attorno al quale ruotano tutti gli altri. Un tema spinoso, variegato, che viene affrontato con una sensibilità e con una delicatezza tutta femminile.

Ed è proprio l’impossibilità di concepire il bambino tanto desiderato che spinge la coppia a tornare alle proprie origini, nei luoghi dove si sono conosciuti, in una Serbia ormai martoriata dalla guerra e dalla violenza.

Qui si inserisce il grido disperato di Castellitto (e della Mazzantini, ovviamente) contro ogni forma di guerra, contro ogni forma di sopruso, di ingiustizia, di violenza. L’unico modo per esorcizzare la paura della morte e per riscattarsi dalla guerra è, paradossalmente, aggrapparsi alla vita con tutte le proprie forze.

Ed proprio la vita che trionfa: un bambino che nasce in condizioni disperate, tra fame, paura e bombe, dopo essere stato concepito in circostanze drammatiche.

Ecco perché la conclusione del film è, nonostante la drammaticità della storia, eminentemente positiva.

Da non perdere!

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